I vantaggi dello smartworking sono chiari da sempre: risparmio di tempo negli spostamenti convertibile in attività più “piacevoli”, possibilità di essere più “vicino” ai propri familiari e amici, orario lavorativo della giornata distribuibile su slot più ampi (e quindi possibile di aumentare le pause), ecc.

Sembra un po’ il desiderio del re Mida: ma è tutto oro quello che luccica? Il re Mida se ne accorse nel mangiare (il pane d’oro non ha l’idea di essere appetitoso), nel dormire (il cuscino sarà pure d’oro ma non sembra così morbido), nello spostarsi (un cavallo d’oro è un’ottima statua ma…). Vediamo se riesco a spiegarmi.

Foto di Miguel Á. Padriñán da Pixabay

Il pane d’oro: le relazioni lavorative

Il pane di ogni azienda sono le relazioni: le relazioni capo-collaboratore, quelli tra colleghi, quelli con i clienti. Lo smartworking li rende d’oro, li efficienta: veloce contattarsi, perfetta la gestione del tempo, chiara l’assegnazione dei task e la pianificazione. Ma quanto perdiamo in termine di creatività, di generazione di innovazione, di relazioni amicali nate per caso? Quanto riusciamo a pensare di essere veramente partner di un cliente con cui non abbiamo condiviso silenzi e tempi morti?

Il re Mida si faceva imboccare… che forse si possa immaginare di comunità lavorative più ampie? In cui lavoro sotto casa ma in spazi e con persone con cui condivido la “geografia” anche se non condivido il “posto” di lavoro? Quale sostenibilità nella selezione?

Il cuscino d’oro: l’iperconnessione

Se lavoro a casa, al mare, in montagna… quando riposo? quando non sono connesso. Si crea un mega tempo in cui vita e lavoro diventano un unico “tempo”. Come si interseca tutto questo con i cicli di vita? Quale autonomia? quale flessibilità è richiesta?

Non si tratta solo di email alle 19:00 o di chiudere il pc. Si tratta di un pensiero continuo nel quale l’intreccio con la propria aspirazione professionale diventa la motivazione (unica?) che sostiene la fatica lavorativa. Non saranno da rintracciare in questo senso le grandi dimissioni? L’unico modo per riposare diventa licenziarsi?

Il cavallo d’oro: il lavoro a cottimo

Ultimo, ma non meno importante… ma lavorare a prestazione invece che ad orario non si chiamava lavoro a cottimo? Quale patto lavorativo tra azienda e lavoratore?

Una pratica abbandonata perché non il “rischio di impresa” deve essere a carico del datore di lavoro e non può essere spostato sul lavoratore in quanto non in possesso di autonomia decisionale. Un cavallo d’oro: bellissimo ma impossibilitato a muoversi.

Quali modi immaginiamo per restituire autonomia? quale ridistribuzione dei guadagni?

Abbiamo bisogno di tutto questo oro?

Inapp dice che il 40% del lavoro potrebbe diventare in remoto o ibrido. Sono d’accordo con l’articolo di Riccardo Maggiolo che ci ricorda che l’altro 60%, che riguarda lavori che richiedono la presenza e già ritenuti di minor prestigio (ristorazione, riders, commessi, artigiani… solo per citarne alcuni) che fine faranno? chi si occuperà di questo nuovo modo di organizzare il patto sociale? Come supportare Obiettivo 8 dell’Agenda2030: Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti ? Dato che è sempre più chiaro che non c’è crescita economica senza sostenibilità

ImpattoPuro raccoglie la sfida, immaginando soluzioni complesse, di lungo periodo e con la volontà di ragionare su quale impatto (o tocco?!?) lo smartworking può e dovrebbe avere, per produrre oro senza toccare ciò che potrebbe danneggiare. Per le risorse umane significa sicuramente occuparsi in modo inclusivo di cura, ma anche Legal e e Finance hanno un grosso ruolo per efficentare il sistema ed evitare l’aumento delle diseguaglianze o di investimenti non abbastanza redditizi.

Per approfondire il tema dello smartworking durante la pandemia, puoi leggere qui.

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