(trascrizione di una intervista) Ragionare sul life design apre sicuramente lo spazio di una discussione più ampia sulla capacità e libertà di progettare e direzionare la propria vita, e la propria vita professionale in particolare.

Che cosa è il life design?

Il life design è un modello innovativo per la consulenza in orientamento; è un paradigma che enfatizza la continua evoluzione dell’individuo, della società e dell’economia moderna. 

Dato che lo sviluppo professionale di una persona non segue più traiettorie lineari e prevedibili, come succedeva in passato, e la società globale odierna rende necessario saper gestire incertezza e frequenti transizioni. Per realizzare un progetto di vita soddisfacente è fondamentale integrare armoniosamente i diversi contesti di vita, lavoro, i valori personali, le aspettative e i desideri e i molteplici ruoli ricoperti.

Il mondo del lavoro di oggi si caratterizza per un alto livello di complessità, mutevolezza, differenziazione di ruoli e sempre maggiore specializzazione delle competenze.

Per questo, nel career counseling, il paradigma del Life Design valorizza interventi basati su un approccio sistemico e contestuale, basati su una logica non lineare e azioni di tipo preventivo che forniscano alle persone, fin dalla giovinezza, le competenze e le abilità necessarie ad affrontare il futuro.

Nella progettazione e gestione del proprio progetto di vita, il Life Design predilige la flessibilità, l’adattabilità e l’apprendimento lungo tutto il corso della vita; si propone di aiutare le persone a delineare la propria storia lavorativa attraverso risposte adattive affinché siano in grado di assolvere ai propri compiti evolutivi e attraversare le transizioni trovando soluzioni soddisfacenti per la realizzazione degli obiettivi personali. 

Il modello di Savickas

Tra questi, in questo articolo, ne volevo presentare due. Il primo è quello di Savickas, il quaderno “La Mia Storia Professionale”. Si fonda sull’epistemologia del costruzionismo sociale, secondo il quale l’identità e la conoscenza di un individuo sono il prodotto dell’interazione sociale e i significati si costruiscono attraverso il discorso.

Secondo Savickas, il Life-Design Counseling è adatto a clienti che non sanno  prendere una decisione professionale e/o sono in cerca di nuove idee professionali. Il Life Design Counseling non è invece adatto per consulenza su ricerca di lavoro una volta che si hanno le idee chiare sulla decisione da prendere.

Nel Manuale pubblicato sul web nel 2015, Savickas riassume così il quadro di riferimento adottato:

“La gente utilizza racconti per organizzare la propria vita, per costruire la propria identità, per dare senso ai propri problemi. Chi entra in consulenza porta con sé una storia relativa a qualche transizione. Questa narrazione permette di prendersi cura di lui. Partendo essa, nella relazione attivata il consulente, si aiuta la persona a riflettere sulla propria vita. In questo modo è possibile destabilizzare alcune vecchie idee, che bloccano le decisioni da prendere, e ciò generalmente favorisce una consapevolezza nuova, che facilita la scelta. Da lui stesso emerge la prospettiva per impostare una nuova storia identitaria. Questa consente di elaborare o cambiare la propria storia in modo da chiarire le scelte da compiere e attivare le azioni trasformative per affrontare la transizione”. – Savickas 2015

Le narrazioni di cui parla l’autore fanno riferimento a Ricordi, libri, film, e quant’altro possa innescare con il consulente una narrazione complessa della propria identità professionale, prima ancora che delle competenze e abilità necessarie perché tali identità si realizzino.

Il modello di Soresi, Nota e altri

Il secondo strumento è il laboratorio Stay Hangry Stay Foolish dell’università di Padova per tutte quelle persone che, al contrario, hanno chiaro che tipo di obiettivi vorrebbero raggiungere ma non riescono a concretizzare il percorso per le stesse. Si tratta quindi soprattutto di riscoprire le proprie motivazioni al lavoro e un senso più profondo e valoriale di approcciare al lavoro come mezzo per migliorare il pianeta e la propria comunità. 

Il fulcro di questo tipo di laboratori è appunto l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. A partire da essa si aiutano i giovani a rifocalizzare quali saranno le principali traiettorie che il mercato del lavoro prenderà nei prossimi anni, non tanto in ottica di competenze, quanto di emergenze. Sappiamo infatti che il lavoro si fonda, in prima battuta, sul bisogno di qualcosa da parte di qualcuno. Per citare Salvatore Soresi, tra gli autori

“Un laboratorio sulle aspirazioni
L’orientamento, con i suoi laboratori dedicati alle aspirazioni, si propone pertanto di far riflettere sul futuro, ricercando valori e occasioni per imbattersi in novità sorprendenti, senza lasciarsi imprigionare dagli antefatti, personali e ambientali, saturi di svantaggi e vulnerabilità [nda: dubbi, incertezze, fragilità…], grazie a visioni e a relazioni in grado di avviare nuovi progetti, nuove traiettorie, nuove storie. In tal senso l’orientamento può incoraggiare a pensare di meno, in modo narcisistico, a se stessi e ai propri ‘orticelli’ passati e presenti e un po’ di più e più spesso a cosa potrà accadere in futuro, agli altri, alla salvaguardia del nostro pianeta, individuando responsabilità, impegni, mission da incarnare e imprese da intraprendere. Un orientamento di questo tipo, indirizzato allo sviluppo sostenibile, all’homo sapiens, a quello prospectus et solidalis, non chiede agli studenti “Cosa vorrai fare da grande o qual è la tua professione ideale”, ma “Di quali problemi intendi occuparti, a quale missione 2030 intendi partecipare?”. Non chiede “Quali competenze hai maturato?”, ma “Cosa vorresti apprendere ancora e di nuovo, in cosa vorresti perfezionarti?”. “E noi, come gruppo, come laboratorio di IA, di cosa potremmo occuparci?”. “A proposito di ciascuna di quelle sfide ed emergenze che ci aspettano, quale potrebbe essere il tuo, il nostro contributo?”. “Come cittadino potrei…; come figlio potrei…; come amico di… potrei, come studente potrei…, come gruppo potremmo…”.” – Salvatore Soresi

Come si vede, in tutte e due i casi, quello che vogliamo focalizzare è un benessere sostenibile, dove la sostenibilità non va semplicemente nel rapporto tra efficacia il risultato, o tra costo e vantaggi ottenuti. E’ una sostenibilità che ettaro a che vedere con la voglia di costruire un pianeta ed una umanità più giusti, più è qui, e nel nostro caso più belli. La sostenibilità per me ha sempre avuto a che fare con la capacità di apprezzare i prodotti artistici, di valorizzare la diversità, di garantire l’inclusione, di verificare l’impatto ambientale delle proprie scelte. 

E’ un corso a contenuto psicologico?

L’orientamento afferisce alle discipline psicologiche. Tuttavia la formazione richiesta per svolgere questo tipo di interventi va dalla psicologia del lavoro all’economia, dall’andragogia alla legislazione sul lavoro, dalla sociologia alle scienze politiche della prevenzione. 

Il lavoro è un problema complesso. E sappiamo che “per ogni problema complesso, c’è sempre una soluzione semplice. Che è sbagliata. (cit. George Bernard Shaw … LOL ). 

Per questo i percorsi di orientamenti efficaci sono così complessi (!) e non tengono conto soltanto dell’aspetto psicologico. 

Allo stesso tempo le persone sono il cuore del lavoro e, di conseguenza, gli aspetti psicologici direttamente collegati con il lavoro – mi riferisco, in particolare, ad aspetti quali scelte, opportunità e possibilità, interessi e attitudini, aspirazioni e risorse, punti di forza e di debolezza, transizioni, futuro, competenze, profili, bilanci, consigli – appartengono al linguaggio scientifico della psicologia. 

Per questo la nostra proposta di preferire i percorsi in gruppo garantisce maggiore efficacia: problemi complessi vanno affrontati in ottica complessa per essere compresi. E la prospettiva del gruppo garantisce questo tipo di complessità. 

In più il lavoro ha per sua definizione una dimensione relazionale (serve a qualcuno, è utile per qualcuno, qualcuno si aspetta qualcosa, ecc.) e le attività grippali garantiscono una formazione naturale su questo aspetto centrale della dinamica professionale.

A cosa serve il Life design

La velocità con il quale il mercato del lavoro si muove e la complessità che il panorama internazionale ci offre rende impossibile definire e prevedere le future prospettive professionali. A questo va aggiunta l’estrema capacità delle persone di imparare dove lo ritengono necessario e quindi, al netto delle proprie caratteristiche di personalità. In questa incertezza quello che più conta è: le proprie aspirazioni professionali, intese come la volontà delle persone di andare in una direzione piuttosto che in un’altra e la comunità professionale, che è la capacità di riuscire a generare una rete professionale, o più in piccolo una squadra all’interno del proprio contesto lavorativo, per il raggiungimento dei medesimi scopi.